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Giuseppe Raffa:"Polsi non è la terra della ‘ndrangheta come tante convenzionali olografie “letterarie”, sociologiche e giornalistiche utilizzano per raccontare le dinamiche di questo incantevole tratto dell’Aspromonte"

di Giuseppe Raffa I due giorni trascorsi a Polsi hanno rafforzato in me la convinzione sull’importante ruolo che la religiosità svolge nel tenere unito un corpo sociale reso vulnerabile dagli effetti perversi del relativismo sempre più indifferente verso i diritti fondamentali della persona. La mia presenza in questo luogo di culto Mariano è stata vissuta come credente e solo marginalmente come politico e rappresentante istituzionale. La fede ha rinnovato il prodigio di Polsi: migliaia di pellegrini, spettatori e attori di una rappresentazione sacra che affonda le radici nella religiosità popolare.

Giuseppe Raffa:"Polsi non è la terra della ‘ndrangheta come tante convenzionali olografie  “letterarie”, sociologiche  e giornalistiche utilizzano per raccontare le dinamiche   di questo incantevole tratto dell’Aspromonte"

Giuseppe Raffa

Una fiumana di gente di diversa estrazione sociale che, fianco a fianco, ha pregato ed elevato suppliche alla Vergine della Montagna.  Tanti gli elementi che conferiscono al pellegrinaggio settembrino la policromia  di  un grande spaccato di cristianità.  Sotto il cielo dell’Aspromonte fede, religiosità, tradizione, folclore danno vita a un grande momento di comunione che  irrobustisce i legami interumani sempre più precari e fragili,  esposti  come sono ai pregiudizi e agli stereotipi che sono una delle cause  dell’emarginazione delle nostre comunità.

Polsi non è la terra della ‘ndrangheta come tante convenzionali olografie  “letterarie”, sociologiche  e giornalistiche utilizzano per raccontare le dinamiche   di questo incantevole tratto dell’Aspromonte.  Da questa Santa Enclave, anche nei giorni scorsi, grazie  all’omelia di padre Giuseppe Fiorini Morosini,  è partito un messaggio di solidarietà, di pace, di richiesta di giustizia sociale in un momento di gravissima crisi economica  che trasforma in inferno la condizione umana producendo così paure e nuove povertà.  Fenomeni prodotti dall’imperante ideologia liberista in cui la società non è più considerata una struttura  quanto invece una rete e i diritti dei lavoratori – così come più volte denunciato da Papa Benedetto XVI – ritenuti semplice merce di scambio. 

Sui volti e negli occhi della gente, che in questi due giorni ha preso parte ai riti religiosi,  si è letta la voglia di cambiamento; la speranza di un domani migliore di una terra bella e generosa che, come tantissimi altri contesti del Mezzogiorno, rimane esposta ai mali della post modernità, in cui il consumismo  genera nuovi egoismi, disperazione,  differenze sociali e inaspettati cambiamenti di status.  Nel mondo di oggi continuano a venire meno i grandi punti di riferimento,  i valori e  le certezze che guidavano il cammino dei singoli e di  intere comunità che, però, grazie alla fede viene colmato il vuoto assiologico di una società che non può rassegnarsi al nichilismo.

 Nell’omelia di mons. Fiorini Morosini  c’è stata  anche una grande lezione sul perdono: non solo dal punto di vista cristiano, ma anche sul fronte  della civiltà giuridica.  Dio è misericordioso e, attraverso la sua Chiesa, perdona i peccatori che vanno recuperati e riportati  nel grande gregge. Anche il sistema carcerario ha come obiettivo ultimo il reinserimento sociale e una più grande funzione umanizzante. Un volta pagato il debito con la giustizia,  infatti, il condannato torna nuovamente a far parte del consorzio civile.  Il perdono è l’antitesi della vendetta   che concepisce nuovi conflitti  anche all’interno  di una stessa comunità, nuove guerre, integralismi, odio, razzismo.  Il perdono è anche tolleranza  che, purtroppo, manca all’attuale classe politica, sempre  pronta a dare vita ad un dibattito esasperante, di grande conflittualità  che spesso fa perdere di vista di reali problemi della gente.

Il viaggio a Polsi ha confermato anche la precarietà delle infrastrutture viarie, le cui condizioni  evidenziano anni di lassismo, di incuria, di incapacità nella gestione del territorio. Con il vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, e con  don Pino Strangio rettore del Santuario, nei mesi scorsi, ho assunto l’impegno di un intervento della Provincia  per rendere  più agevole il percorso dei fedeli. Confermo tale impegno perché consapevole che il cittadino ha il diritto di libertà di spostamento anche per raggiungere luoghi legati alla tradizione, alla cultura religiosa e  alla fede.  

a.l./ 

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