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DOPO LE PRESE DI POSIZIONE DEI VESCOVI DI LOCRI E COSENZA SULLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA, SI REGISTRA L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE GIUSEPPE RAFFA

La recente omelia del vescovo di Locri sul perdono cristiano anche ai mafiosi e la riflessione pastorale di mons. Salvatore Nunnari che ha chiesto con forza il pentimento degli affiliati alla ‘ndrangheta non hanno prodotto quel feedback che concetti di siffatta portata avrebbero meritato. Da Polsi, che gli stereotipi giornalistici e sociologici classificano come luogo di ‘ndrangheta, mons. Giuseppe Fiorini Morosini ha espresso un principio evangelico che la Chiesa partecipa a tutti gli uomini, e non solo ai cristiani, da oltre duemila anni. Un concetto, quello di Padre Giuseppe, che avrebbe meritato un dibattito a più voci con la partecipazione delle varie categorie sociali, laica e cattolica in primis, che formano la nostra comunità. Invece, dopo qualche titolo suoi giornali, tutto è tornato nell’oblio salvo poi, alla prima operazione di polizia, tornare alla carica per profanare il tempio Mariano di Polsi etichettandolo come il punto di aggregazione per boss e sodali nel momento in cui le cosche mafiose sono chiamate a varare l’annuale programma criminale. Ovviamente, il senso del concetto del presule ci porta al perdono divino che – come sottolinea il teologo francese Jean Lafitte - non toglie la possibile “enormità della colpa passata, ma libera il suo autore dalla disperazione”.

DOPO LE PRESE DI POSIZIONE DEI VESCOVI DI LOCRI E COSENZA SULLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA, SI REGISTRA L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE  GIUSEPPE RAFFA

Giuseppe Raffa

 

 

 

La questione del perdono, dunque, non può essere estrapolata dall’insegnamento della Chiesa e dalla speranza cristiana che libera la memoria del peccatore dal dubbio sulla misericordia divina.  Questo perdono, tuttavia, è subordinato al pentimento e non già alla penitenza  che il confessore assegna al peccatore.

Sul fronte del diritto positivo troviamo l’altro aspetto del perdono connaturato all’espiazione della pena da parte del reo.  L’Italia è un paese  dalla grande civiltà giuridica, con la Costituzione  che stabilisce il principio della rieducazione  di chi finisce in carcere. In uno stato democratico e laico, la pena  non è   imposta né dal fondamentalismo, né  dai fanatismi confessionali, ma  poggia su presupposti giuridici e finalità umanizzante. 

Cesare Beccaria, nella sua opera, “Dei delitti e delle pene” ( pubblicata in  pieno Illuminismo), mise in evidenza la funzione della pena  che deve correggere il criminale per  riportarlo così sulla retta via e, al tempo stesso, garantire sicurezza alla società.  Il reato, dunque, valutato in un’ottica laica e terrena che  - per  Beccaria  - deve segnare  una forte demarcazione tra diritto divino e diritto naturale. Ed è questo, secondo me, il senso delle parole pronunciate a Polsi da mons. Giuseppe Fiorini Morosini.  Il perdono di cui ha parlato il vescovo non è contrapposto alla giustizia, alla sete di giustizia  che, giustamente, risiede nell’animo  delle vittime o dei parenti di queste ultime.  E’ comprensibile il dolore di tanta gente, ma la giustizia  non può, assolutamente, trasformarsi in vendetta giuridica.

La nostra società ha bisogno di rigenerarsi: in questo senso è indispensabile liberare i suoi gangli vitali  dalla metastasi mafiosa e dal desiderio di vendetta che producono morte e violenza.  Anche per questo, la denuncia di mons. Nunnari acquista una grande valenza sociale, e non solo  religiosa,  in un mondo disgregato dove, ogni giorno che passa,  diventano sempre  più radicali gli scontri ideologici, politici e religiosi e dove l’egocentrismo prevale sulla solidarietà.

Negli ordinamenti giuridici moderni, dal punto di vista sociologico, la pena  si giustifica in quanto persegue  la finalità di prevenzione  generale ( che riguarda cioè tutti  i consociati)  e speciale riferita al singolo trasgressore delle norme. Sia nell’una, sia nell’altra fattispecie il fine ultimo rimane   la difesa sociale dal delitto.  Nella postmodernità  i legami che tenevano uniti gli uomini- come dice il sociologo Bauman  -  sono diventati “liquidi”, paurosi, intossicati  dal consumismo che produce individualismo, egocentrismo e autogiustificazione.  Ecco perché l’insegnamento della Chiesa, istituzione a cui non possono essere imposti provvedimenti che soddisfano la bramosia nichilista di pseudo intellettuali,  rappresenta un’ancora di salvezza, un’importante via, la  metamorfosi  -  come  scrive Edgar Morin nella sua ultima opera : “La via, per l’avvenire dell’umanità” -   capace di contrapporsi al “dominio del  capitalismo finanziario sconnesso dall’economia reale, votato all’esclusivo interesse degli speculatori, che ha provocato la crisi economica del 2008 e che  continua a nutrirsi   come un vampiro delle nostre sostanze vive”.

                                                           Dr  Giuseppe Raffa

 

 

 

a.l./

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